Fotorivelatori CNR

Nei fotorivelatori il grafene mette il turbo al silicio

Il grafene è capace di conferire a materiali ben noti proprietà che altrimenti non avrebbero. Un team di ricerca guidato dall’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Cnr (IMM-Cnr) ha messo a punto un fotorivelatore che integra silicio e grafene per catturare e convertire luce ad una frequenza solitamente ‘inafferrabile’ per il silicio puro. Lo studio è pubblicato sulla rivista ACS Photonics.

“Abbiamo mostrato come sia possibile utilizzare il silicio per la rivelazione di luce a lunghezze d’onda molto al di sopra di quelle che le proprietà intrinseche del materiale consentirebbero”, spiega Maurizio Casalino dell’IMM-Cnr di Napoli, che ha coordinato ricercatori dell’IMM-Cnr, dell’Istituto di Ricerche sulla Combustione del Cnr e dell’Università degli studi di Napoli Federico II. “Nello specifico, usando un sottile strato di grafene come mezzo attivo, abbiamo realizzato i primi fotorivelatori basati su silicio in grado di convertire in corrente una radiazione luminosa alla lunghezza d’onda di 2 micron“, continua il ricercatore. Il silicio, semiconduttore alla base di una moltitudine di componenti elettronici a basso costo, non è adatto alla realizzazione di componenti fotonici a causa di alcuni limiti intrinseci del materiale. Ad esempio non è in grado di convertire luce con lunghezze d’onda maggiori di 1.1 micron, ragion per cui solitamente si utilizza la tecnologia molto più costosa basata su Arsenurio di Gallio ed Indio (InGaAs). Sebbene la rivelazione di luce a 1.55 micron sia stata parzialmente risolta grazie all’utilizzo del germanio, quella a lunghezze d’onda superiori restava una sfida per la comunità scientifica.

“I rivelatori che abbiamo messo a punto sono capaci di rivelare la lunghezza d’onda di 2 micron con ottimi margini di miglioramento in termini di efficienza, e sfruttano giunzioni ibride grafene/silicio per combinare le proprietà di assorbimento ottico del grafene con la capacità di fabbricazione propria della tecnologia in silicio”, prosegue Casalino.

I dispositivi potrebbero trovare largo impiego nel campo del monitoraggio ambientale, in particolare dei gas serra come il biossido di carbonio (CO2) che ha un picco di assorbimento proprio nell’intorno della lunghezza d’onda considerata. Nel campo della sicurezza possono essere integrati in telecamere in grado di migliorare la visibilità in condizioni critiche, per esempio in presenza di nebbia, da impiegare in diversi settori tra cui quello dell’automotive. In ambito biomedicale simili rivelatori potrebbero trovare impiego nella tomografia a coerenza ottica, una tecnica di imaging per tessuti biologici.

 

Articolo scientifico: Free-Space Schottky Graphene/Silicon Photodetectors Operating at 2 μm, Maurizio Casalino, Roberto Russo, Carmela Russo, Anna Ciajolo, Emiliano Di Gennaro, Mario Iodice, and Giuseppe Coppola, ACS Photonics 2018 5 (11), 4577-4585. DOI: 10.1021/acsphotonics.8b01037

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