Proseguono i lavori di Zero Gravity Graphene per preparare i materiali rivestiti in grafene da testare in assenza di gravità. Meganne Christian di IMM-Cnr, che è nel team internazionale dell’esperimento Satellite Heat Pipes, racconta il lavoro in laboratorio e la collaborazione coi colleghi in un post sul blog dell’esperimento.
L’estate è terminata ma in laboratorio abbiamo ancora molte cose in caldo, poichè stiamo lavorando intensamente su nuovi materiali per l’esperimento sugli scambiatori di calore per satelliti. Lavoro come ricercatrice post-doc per il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e sono stata coinvolta in questo esperimento per la prima volta due anni fa a Manchester, durante una riunione del progetto Graphene Flagship. Alcuni ricercatori dell’Université Libre de Bruxelles (ULB) stavano cercando modi per rivestire i loro materiali porosi con il grafene, e le strutture che mostravano erano decisamente simili alle schiume di grafene che stavo realizzando nel nostro laboratorio di Bologna. Ho pensato che si potevano adattare le nostre procedure ai loro materiali; abbiamo messo sul tavolo le idee e così la collaborazione è iniziata.
Circa un mese fa in questo blog avete letto del lavoro di Yarjan Samad del Cambridge Graphene Centre che utilizza inchiostri di grafene da depositare nella struttura porosa del materiale metallico, in modo da creare strutture 3D che possano aumentare il rendimento del materiale quando viene usato in uno scambiatore di calore (loop heat pipe) per applicazioni aerospaziali.
I risultati sono stati molto promettenti, ma tra le sfide aperte c’è quella di depositare il grafene in profondità, fino al cuore del materiale poroso. Una delle tecniche che potrebbe venire in aiuto è la deposizione chimica da fase vapore, in cui il grafene si ottiene attraverso la decomposizione di un precursore gassoso che riesce a farsi strada senza difficoltà all’interno dei micro-pori del materiale.
Solitamente si sfrutta questa tecnica per depositare grafene quando si hanno metalli come rame, nichel, platino e germanio ma i materiali porosi presenti negli scambiatori di calore sono realizzati in acciaio inox, un materiale ancora poco studiato per la crescita di grafene. Ma questo non è un problema! Qui al Cnr di Bologna abbiamo affinato la tecnica e siamo riusciti a produrre un rivestimento di grafene uniforme fino al centro del materiale poroso. Diversamente dagli inchiostri di grafene con questa tecnica non si ottengono strutture tridimensionali, perciò dopo aver creato il deposito di grafene dobbiamo lievemente ‘danneggiarlo’ con un po’ di elettrochimica, in modo da farlo espandere. Alla fine probabilmente i risultati migliori arriveranno da un approccio integrato che sfrutta quello che abbiamo imparato qui a Bologna e quello che i nostri colleghi hanno fatto a Cambridge.
La prossima fase dell’esperimento prevede di fare una serie di test a terra, nei laboratori di Bruxelles, sui materiali che abbiamo ottenuto. Sono impaziente di lavorare ai test con Vanja Miskovic e i colleghi di ULB per preparare i prototipi finali che saliranno con noi a bordo del volo parabolico in novembre!
L’esperimento Satellite Heat Pipes, coordinato dalla Flagship Graphene in collaborazione con ESA, punta a sfruttare le proprietà termiche del grafene per migliorare l’efficienza dei dispositivi termici impiegati nei satelliti aerospaziali. Il Cnr, con gli istituti ISOF e IMM, ha un ruolo fondamentale nella preparazione dei materiali a base di grafene che verranno testati durante voli parabolici in condizioni di gravità zero.
[Crediti immagini: Graphene Flagship e Cnr]